Reclutamento docenti: le proposte di modifica della FLC CGIL
Il Decreto Legge 36 del 30 aprile 2022, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 30 aprile 2020, è stato assegnato al Senato, Commissioni riunite 1ª (Affari Costituzionali) e 7ª (Istruzione pubblica, beni culturali) per la conversione in legge. In questa fase è possibile approvare degli emendamenti che intervengano a migliorare le previsioni normative.
Per questo motivo la FLC CGIL, tramite la Confederazione, ha inviato alle forze parlamentari proposte di emendamento tese a rafforzare le tutele per i precari e semplificare l’impatto del sistema di accesso all’insegnamento definito nella norma.
La legge prevede attualmente che il sistema di reclutamento sia strutturato in 3 step:
“¢ percorso abilitante di formazione iniziale di 60 CFU/CFA, concluso da prova scritta e prova orale con lezione simulata
“¢ concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale con prova scritta, orale e valutazione del titoli
“¢ un periodo di prova in servizio di durata annuale con test finale e valutazione conclusiva.
Le principali criticità che abbiamo individuato riguardano:
1. La mancanza di misure che garantiscano l’accesso all’abilitazione ai precari con 3 anni di servizio.
2. Troppe prove di esame che si ripetono inutilmente: prove di accesso e uscita dei percorsi abilitanti, concorso con prova scritta e orale, e test finale dell’anno di prova e valutazione del dirigente scolastico. Un percorso a ostacoli.
3. Modalità di accesso ai percorsi abilitanti, durante la laurea triennale o magistrale, che spingerà gli studenti a iscriversi a università telematiche per conseguire i 60 CFU in maniera facile e veloce. Un sistema quindi che favorisce un nuovo mercato dei titoli, anche peggiore di quello dei 24 CFU.
I nostri obiettivi:
Riteniamo fondamentale che i precari possano accedere alla formazione abilitante. L’abilitazione fa accedere alla 1° fascia GPS e fornisce competenze didattiche fondamentali sia nel lavoro che per affrontare le prove concorsuali. Queste ultime, per i precari non devono basarsi sul nozionismo o quiz a crocette, serve invece una prova didattica con simulazione di lezione.
L’accusa che buona parte dei consulenti bocconiani del governo muove ai precari è quella di non essere adeguatamente preparati, poi però gli si nega l’accesso alla formazione abilitante e questo equivale a una condanna: chi lavora da anni a scuola così sarà scavalcato dal neolaureato che si abilita e lo supera sia nelle supplenze che nel concorso. Per questo bisogna intervenire su aspetti, che sono collegati tra loro: l’accesso alla formazione abilitante per i precari e la previsione di prove concorsuali con simulazione di un intervento didattico per chi ha 3 anni di servizio a scuola.
Rimane comunque in vigore anche la riserva del 30% dei posti nei concorsi ordinari a chi ha 3 anni di servizio negli ultimi 10 prevista nel DL 73/2021, il cosiddetto decreto “sostegni bis”.
Le nostre proposte di emendamento in dettaglio:
“¢ Per i docenti precari che hanno svolto almeno tre anni scolastici di servizio negli ultimi 10 (non negli ultimi 5) chiediamo una riserva dei posti destinati ai percorsi formativi abilitanti pari al 30% di quelli attivati per ogni anno accademico di riferimento. Una misura a regime che si ripetete ogni anno, con regolarità e garantisce ai precari la possibilità di accedere alla formazione abilitante, in maniera da non essere superati nelle GPS dai neolaureati che si abilitano.
“¢ Erogare opportune risorse a copertura dei costi dei corsi di formazione iniziale abilitante: è sbagliato scaricare i costi della formazione su precari e laureati, la formazione deve essere pagata dallo stato o quantomeno i costi delle tasse devono essere proporzionali al reddito. Si tratta di una misura di equità sociale e di responsabilizzare le istituzioni rispetto alla formazione dei futuri docenti.
“¢ Per i docenti che abbiano maturato almeno 3 anni di esperienza nella scuola statale la prova concorsuale per l’accesso al ruolo deve essere una progettazione didattica, ovvero un’unità didattica o un’unità di apprendimento. Bisogna evitare un sistema selettivo iper nozionistico e favorire la possibilità di dimostrare le competenze professionali, metodologiche e didattiche, acquisite con l’esperienza e con la formazione abilitante.
“¢ Eliminare il test finale nell’anno di formazione e prova, che risulta una prova ridondante, considerato che il docente arriva a questo percorso dopo aver superato il percorso abilitante e le prove concorsuali. Rimane in piedi la valutazione del Dirigente scolastico e del comitato di valutazione, tenuto conto dell’istruttoria del tutor.
“¢ Prevedere che l’accesso ai 60 CFU avvenga all’indomani della laurea magistrale in maniera da garantire un percorso formativo organico e strutturato, che rispetti la propedeuticità dei passaggi che vi sono previsti, dallo studio della pedagogia, alle metodologie, al tirocinio. Immaginare che uno studente al 2 anno entri a scuola a fare il tirocinio significa mettere uno studente in cattedra, quando le sue competenze disciplinari non sono affatto adeguate al profilo docenti che deve ricoprire. Inoltre l’accesso ai corsi dal triennio favorià le università telematiche, che erogano i CFU on line.
“¢ In analogia con quanto previsto dal DM 616 del 10 agosto 2017 che ha limitato, almeno parzialmente, il ricorso all’acquisizione dei 24 CFU con modalità telematiche, al fine di salvaguardare la qualità dei percorsi formativi abilitanti alla professione docente è opportuno evitare che i crediti della formazione siano acquisiti mediante modalità telematiche. Le professioni che godono di riconoscimento sociale, come ad esempio quelle sanitarie, sono caratterizzate da formazione professionale e il tirocinio di alta qualità , lo stesso deve avvenire nella scuola. Il valore sociale dell’insegnamento parte dalla qualità della formazione in ingresso.
“¢ Le risorse per il pagamento de tutor del tirocinio e della formazione in ingresso non vanno sottratte dalla card docente, ma vanno trovate in appositi finanziamenti del bilancio dello stato.
“¢ Nella prova orale del concorso bisogna eliminare il test attitudinale, che non è uno strumento congruo a verificare l’attitudine all’insegnamento. Inoltre le capacità professionali del docenti sono oggetto di opportuna valutazione da parte del tutor e del dirigente scolastico nel percorso dell’anno di formazione e prova.